RELAZIONE DEBRIEFING 6 APRILE 2011 ESERCITAZIONE MANADO

A seguito dell’Esercitazione che si è tenuta a Manado, come consuetudine al rientro è stato svolto il debriefing.

È stato un incontro leggermente diverso dal solito, nel senso che oltre al Debriefing Tecnico stavolta c’è stata la presenza della psicologa (la sottoscritta!) e si sono dunque ampliati quei temi riguardanti gli aspetti più personali, ovvero è stato dato più spazio per le emozioni e le relazioni.

Il Team Leader purtroppo era assente per problemi di salute, ma è stato coinvolto tutto il resto della Squadra come sempre; hanno così avuto voce tutti coloro che desideravano condividere la loro esperienza con il resto dei compagni, sia per quanto riguarda gli aspetti positivi, sia per far rilevare le aree di criticità. Preannuncio subito che…il bilancio è stato positivo!

Il fatto che Manado non fosse una missione ma una esercitazione ha reso la cosa da una parte più rilassante, dall’altra per qualcuno questo clima disteso ha creato quasi un senso di inutilità, in virtù dell’emergenza occorsa nel vicino Giappone e per la quale il Gruppo era in pre-allerta. Anche se non per tutti, essere così vicini e non poter intervenire in una tragedia così importante è stato motivo di riflessione, tuttavia è emersa anche la percezione che quello che veniva fatto a Manado non era un passatempo quanto piuttosto qualcosa di serio per i partecipanti e in particolare per la popolazione locale, alla quale in questo modo è stato permesso di mettersi molto in gioco lavorando e condividendo i diversi “modus operandi” tra i Paesi partecipanti. L’utilità è stata percepita anche attraverso gli scopi dati al Team, tra i quali il fatto di assistere la popolazione locale da un punto di vista sanitario, in quanto la loro sanità è a pagamento perciò di difficile accesso per i più.

Uno dei timori espressi nel corso del debriefing era quello che trattandosi appunto di una esercitazione anziché di una missione, tutto potesse finire un po’ troppo in burla, invece è stato motivo di soddisfazione poter condividere e sfatare questo pensiero, dal momento che tutti hanno preso il loro ruolo molto seriamente pur non mancando i doverosi momenti goliardici, quelli che sempre contribuiscono ad allentare le tensioni presenti in convivenze così lunghe (nella fattispecie pare ci fosse una piscina che ha conosciuto.. “bagnanti” poco…volontari!).

A seguito del terremoto che ha colpito il Giappone nel periodo di soggiorno a Manado del nostro Team, come ho accennato la Squadra è stata pre-allertata. Da qui scaturiscono una serie di considerazioni da cui emerge in modo consolidato anche l’autoprotezione, fattore molto importante per chi opera nel volontariato: per alzata di mano la Squadra ha dimostrato che sarebbe stata pronta a partire per il Giappone qualora l’allarme fosse stato confermato, ma viene preso in esame anche il concetto dei parametri di sicurezza, successivamente non garantiti. La protezione del volontario è la prima regola per chi opera in contesti d’emergenza: un soccorritore

ferito, malato o che mette a rischio la propria esistenza come ben sappiamo non è di aiuto a nessuno.

L’allerta fortunatamente è rientrata, così come è rientrato l’allarme tsunami che potenzialmente, anche se scarsamente atteso, poteva investire l’isola.

Tutti avevano comunque preso la precauzione di non uscire dall’albergo come da istruzioni ed il Gruppo è rimasto coeso in ogni fase dell’allerta.

In realtà quello che sarebbe stato interessante approfondire da un punto di vista psicologico, ma che per mia scelta non è stato fatto, è la reazione della Squadra di fronte a un evento che li poteva vedere come vittime anziché come soccorritori.

Oltre ai precedenti, durante l’incontro i principali temi emersi fin da subito e successivamente ripresi e sostenuti dal resto dei partecipanti sono stati: il buon clima interno della Squadra, l’accoglienza dei nuovi entrati e il rispetto dei ruoli e delle gerarchie.

Il tema delle gerarchie e responsabilità in questo momento per il Gruppo è particolarmente rilevante e lo possiamo capire partendo da una premessa: dall’esercitazione di Terex effettuata a novembre (e così per il futuro) le modalità di gestione delle missioni e delle esercitazioni all’interno del Gruppo. sono state modificate per quanto riguarda leadership e ruoli; l’idea di fondo è di organizzare una struttura gerarchica piramidale a cui fare riferimento in fase di missione/esercitazione ma che tutti, a turno, possano occupare i ruoli di comando in

modo da essere intercambiabili all’interno del Gruppo. È stata la prima volta dopo Terex che questa modalità è stata attuata; sarebbe logico che insorgessero difficoltà per un cambiamento così sostanziale, ma le dinamiche di gruppo che si sono verificate hanno dimostrato una notevole elasticità mentale da parte dei componenti della Squadra, capaci di accettare ruoli alternativamente subalterni e di responsabilità da parte di chi non aveva mai avuto collocazioni simili: nella fattispecie è successo che persone abituate ad avere ruoli di gestione si siano trovate nella veste di “volontari operativi” e questo ha fatto sì che potessero rilassarsi nell’esercitazione traendone una diversa e sempre gratificante soddisfazione, in quanto per la prima volta non

impegnati nella pesantezza del loro ruolo gestionale. Così come coloro, ad esempio, che hanno avuto il ruolo di Capotenda: sono stati riconosciuti da tutti e il loro compito si è svolto armonicamente fino all’ultimo giorno; anche le fasi di montaggio e smontaggio delle tende non hanno visto difficoltà in quanto ognuno conosceva il proprio ruolo, cosa che ha permesso il raggiungimento dei risultati con la dovuta tranquillità e armonia.

Come psicologo devo dire che in generale, coloro che hanno sempre gestito non trovano facile “stare a guardare “, così come non è facile per coloro che non hanno mai avuto compiti provare la responsabilità anche solo di un piccolo numero di persone: queste capacità di “saper stare” nei ruoli assegnati, qualunque essi siano, è qualcosa che spero abbia portato un più alto livello di autostima (che non fa mai male!) ma che sicuramente è stata apprezzata da tutti.

Le piccole discussioni quotidiane si sa possono sempre essere presenti e quando i tempi di convivenza sono lunghi fanno parte del normale andamento delle cose, ma sono state dimostrate buone e non semplici capacità al riguardo: la tolleranza e la comprensione. Non intervenire nei fatti che non riguardano direttamente l’interessato per riconsiderarli, se necessario, in un secondo e più consono momento, dimostra una grande crescita personale e una buona capacità di sapersi muovere in un contesto sociale. Lo stesso si può dire per coloro che sono stati implicati nelle discussioni, ma che hanno saputo lasciare da parte le questioni personali per lasciare spazio agli obiettivi di gruppo e all’etica: un gesto che dimostra una grande maturità.

Nelle missioni possono verificarsi piccoli eventi (o apparentemente tali) che possono infastidire se non fare infuriare quali ad esempio: un membro della Squadra che non si trova e non ha avvisato che usciva dal campo, il dimenticarsi un posto a tavola con il rischio che qualcuno si senta escluso, rispondere male perché sotto pressione ecc.; essere in grado di usare l’ironia, insieme alla tolleranza e alla comprensione è per quei casi un’ottima risorsa. È doveroso riconoscere che il nostro Gruppo sta mettendo a punto anche questi aspetti a prima vista più marginali, in modo da proseguire quel processo di crescita che lo sta sempre più caratterizzando.

Il buon clima interno nella Squadra emerge sia da quanto detto (coesione del gruppo nella fase dell’attivazione per l’emergenza, la serietà con cui è stata presa l’esercitazione, la serenità nelle varie fasi di montaggiosmontaggio, il rispetto dei ruoli e gerarchie nell’andamento dell’esercitazione) ma anche dal senso di amicizia e di appartenenza che aleggiava e che ha fatto da collante per tutto il tempo dell’esercitazione. Anche i nuovi entrati hanno rilevato il clima sereno: di fatto il Gruppo apertamente punta molto su di loro attraverso modalità di pensiero condivise sia a livello ideologico che pratico (conscie e inconscie ); questo porta a creare uno spazio in cui i “nuovi arrivati” hanno potuto percepire l’accoglienza dei membri più esperti.

Tra di loro c’era chi non aveva mai montato la tenda, chi non conosceva nessuno e chi era alla prima esercitazione, tuttavia ognuno ha saputo stare nella propria parte e non si è sentito solo (diventando così “un membro del Team al 100%”!).

Un dato interessante riguarda il paragone emerso tra l’esercitazione a Manado e le precedenti missioni, in particolare la prima partenza di ogni membro del Gruppo: per alcuni (ma forse per tutti) la prima misione è stata difficile o comunque non buona; di fatto non è semplice partire senza conoscere persone, dinamiche dell’emergenza, della Squadra, i propri limiti ecc., ma da quanto emerso si è rilevata una crescita negli anni non solo personale ma anche del Gruppo e della sua capacità di integrazione che sicuramente armonizza maggiormente e che permette un migliore inserimento per chi ancora non ha esperienza. Come si può vedere non ci sono state grosse criticità e sembra che ognuno abbia potuto godere appieno dell’esperienza dell’esercitazione. Durante il Debriefing le emozioni positive sono state la quasi totalità e tra queste hanno primeggiato il senso di appartenenza al Gruppo e i progressi perseguiti sulle nuove modalità di

ruolo. Gli esempi riportati sono una buona dimostrazione di valori condivisi e di quanto i comportamenti messi in atto siano ottime risorse per il Gruppo. Ne emerge che il Team è ben amalgamato, coeso e che gli obiettivi hanno la priorità per ogni singolo membro, fattore che permette buoni margini per un lavoro sia a livello di ulteriori obiettivi extra- gruppali che di Team Building. I miei complimenti a tutti!

Eleonora Romanini

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